L’attesa è finita, siamo pronti a parlarvi di Red Dead Redemption 2
Dopo due anni di annunci, rinvii, dubbi e incertezze, abbiamo finalmente messo le mani sul nuovo e tanto atteso titolo di Rockstar Games. Lo studio di New York, fautore di capolavori senza tempo quali Grand Theft Auto III o Grand Theft Auto V, arriva sul mercato col seguito di un’opera di altrettanto successo. Promesse e premesse erano di grande entità e proporzionalmente alte erano le aspettative di tutti noi giocatori. In queste settimane avrete sicuramente letto della sequela di “punteggi perfetti” raggiunti dal gioco, e senza dubbio per molti lo scenario ha il sapore di “già visto”. Siamo ormai abituati, soprattutto negli ultimi anni, a vedere lavori ricoperti di voti così alti, e God of War è solo uno degli esempi che si possono portare. In molti casi si tratta di esagerazioni dovute alla portata mediatica dei giochi stessi, inserito il tutto in circoli viziosi.
Il caso Red Dead Redemption 2, però, è più unico che raro. Ecco perché non solo vi parleremo del gioco in quanto tale, ma anche del come si configuri come nuovo pilastro fondamentale per l’industria. Sarà riuscito questo prequel a tenere alto il nome del suo predecessore e persino del suo padre dimenticato? Avrà mantenuto alta la nomea di Rockstar, nobildonna con una collana di perle senza tempo? Tante sono le domande, molte delle quali con risposte più complesse di quanto sembri. Senza indugiare oltre, preparatevi a scoprire un capolavoro raro e prezioso, ricordandovi della presenza di anticipazioni corpose sulla trama di gioco. Dunque, se non volete rovinarvi l’esperienza con questo titolo, suggeriamo di rimandare la lettura a un altro momento.
“The sun is too loud”
Parlare di Red Dead Redemption 2 non è facile, poiché questo seguito porta inesorabilmente un macigno con sé. Il primo, leggendario Red Dead Redemption è rimasto impresso nelle memorie di tutti i giocatori, a tal punto da essere preso ancora oggi come punto di riferimento quando si parla del genere action-adventure. Un titolo che in quel lontano 2010 stravolse le regole del mercato con una proposta unica e mai vista. Siccome una fascia di utenza non ha chiare le origini, dobbiamo specificare che si trattava di una rielaborazione della formula già proposta in precedenza da Red Dead Revolver, il “padre dimenticato” della saga, primissimo capitolo uscito nel lontano 2004 per Ps2.
Si spiega perché le tante preoccupazioni scaturite già dall’annuncio si basavano principalmente sul pregresso di Red Dead: “Un prequel, ma era davvero necessario?”. “Sarà all’altezza del primo Redemption o sarà solo un ingrossamento?”. Queste sono solamente due delle domande più frequenti nel periodo compreso tra l’annuncio e il primo filmato di gioco. Per fortuna, dubbi e insicurezze sono scomparsi appena ci siamo catapultati nel selvaggio West col primato del controller. Tanto da dire e tanto di cui discutere a proposito di questo gioco, che semplice gioco non è.
C’era una volta, nel selvaggio West…
Questo terzo titolo della saga di Red Dead si colloca esattamente prima di Redemption. Dunque si tratta di un prequel, il quale narra le vicende della celebre banda di Dutch Van Der Linde. Stavolta però, non giocheremo nei panni del nostro amato John Marston, bensì vivremo nei panni di Arthur Morgan, uno dei componenti più importanti della banda. Prima di continuare con la trama, dobbiamo obbligatoriamente parlare di una componente fondamentale di questo titolo: giocando noterete subito come anche nelle prime missioni della storia, ci sia una superba caratterizzazione dei personaggi. In Red Dead Redemption 2, infatti, anche i più secondari componenti della banda hanno caratteristiche uniche che li rendono subito riconoscibili – riuscendo, per fare un parallelismo, dove Peter Jackson ha fallito con la compagnia dei nani. Micah è un fuorilegge scalmanato che si caccia sempre in guai e che spesso ha rischiato di rimetterci le penne.
Poi c’è il nostro personaggio, Arthur, appieno lo stereotipo del fuorilegge americano: rozzo, scontroso, duro, un “bad boy” tipico degli Spaghetti Western. Non bisogna farsi abbindolare dalla sua scorza dura, sotto quell’ammasso di muscoli batte un cuore caldo, pronto a combattere per il bene della banda e servire quello che per lui è un padre, Dutch. Il capo della banda ha infatti cresciuto Morgan come fosse suo figlio, insegnandogli a scrivere, leggere e – cosa più importante – a sparare. Insomma, il disegno dietro alle personalità è promosso a pieni voti, superando di gran lunga le nostre aspettative.
Blackwater, 1889 (contiene anticipazioni)
Torniamo adesso a parlare della trama di questo capitolo. 1889, dopo il fallimento di Blackwater, dove la banda ha rischiato la vita, Dutch Van Der Linde decide di migrare con la sua cricca in cerca di fortuna. Dopo una parentesi in un campo vicino la città di Valentine, la brigata si sposta continuamente, fino a stabilirsi nella cittadina di Rhodes. Qui, cercando di rovesciare le due famiglie potenti del luogo, la banda finisce coinvolta in un gioco di potere che porta al rapimento di Marston Jr. Costretti a lavorare per il rapitore del piccolo Jack, Dutch e i suoi uomini scoprono che a tirare le fila della vicenda sono i Pinkerton.
Decidono quindi di ribellarsi e fuggire a bordo di una petroliera. Ma il battello affonda e il gruppo sbarca sulle coste della neonata Cuba. Intanto Dutch cambia radicalmente, assumendo un comportamento sempre più aggressivo. Il clan perde membri giorno dopo giorno, a tal punto che la fedeltà del nostro Arthur vacilla sempre di più. Dopo l’esperienza cubana durante la quale la banda tenta di spodestare il governo, tornati in America, la situazione degenera completamente.
Arthur contrae la tubercolosi, John è sempre più propenso a ricominciare da zero con suo figlio e la moglie Abigail. Ma questa è solo la punta di un ben più grande iceberg. Dutch, ormai senza senno, uccide Cornwall. Questo episodio segna la perdita di fedeltà da parte di Morgan. Van Der Linde, fuori di sé, rifiuta di agire quando l’agente Milton rapisce Abigail, e lascia John a morire nella guerra tra indiani e americani innescatasi con l’esecuzione di Cornwall. Arthur non soccombe alla volontà del suo capo, decidendo così di uccidere l’agente e salvare la moglie di Marston, scoprendo il coinvolgimento di Micah nella vicenda.
Il climax ascendente di questi eventi culmina con la toccante scena in cui Morgan, dopo aver raccontato la verità su Micah alla banda, soccombe lottando proprio contro il compagno d’armi di una vita. Qui si conclude la storia del nostro amato protagonista, che verrà in seguito vendicato dal nostro amato John.
Let’s do the Odyssey
Cosa dire di questa storia. Si tratta di una vera e propria “Odissea Western”, degna delle prose omeriche per portata e respiro. Un susseguirsi di peripezie per i nostri protagonisti, aggrappati alla speranza di trovare la terra promessa e cominciare una vita nuova. Una trama mai banale, perfettamente configurata a portata di controller e degna delle migliori pellicole cinematografiche. Uno dei maggiori punti di forza di Red Dead Redemption 2 è proprio questo, il proporre una trama originale e unica nel suo genere anche a livello registico.
La narrazione è esaltata da una disposizione di telecamera inusuale in alcuni momenti di gioco o durante le scene di intermezzo. Altro aspetto che dà valore alla narrativa sono le tematiche trattate, fulcro di ogni capitolo del franchise. Rockstar Games ha raccontato l’America che fu, tra descrizione contestuale minuziosa e denuncia delle problematiche che le colonizzazioni del nuovo continente portarono.
Il titolo affronta senza timore la tematica della parità dei diritti tra uomo e donna, proponendo personaggi femminili audaci che meglio rappresentano il cambiamento sociale avvenuto nei decenni che hanno fatto da sfondo alla cesura tra Vecchio West e modernità. Tutto questo è accompagnato dalla macrotematica del gioco, che può essere riassunta con una semplice frase: Chi per questi mari va, questi pesci prende.
Come ogni fuorilegge, il nostro protagonista è consapevole del tipo di vita da lui condotta, cosciente quindi del fatto che la sua avventura potrebbe finire nel migliore come nel peggiore dei modi. Rockstar Games ha portato l’integrazione tra diegesi filmica e videoludica ad un altro livello, imponendo con impeto un nuovo standard. Sarà difficile eguagliare questi risultati, ma siamo ansiosi di vedere cosa scaturirà in futuro.
Il trionfo dell’arte videoludica
Se dovessimo riassumere l’esperienza di Red Dead Redemption 2 in una parola, quella sarebbe “dettagli”. Sicuramente si tratta della parola più usata quando si sente parlare di questo titolo, tra elogi delle minuzie e critiche diametralmente opposte. Un termine dall’uso più che lecito, visto che come si è soliti dire “sono i dettagli a fare la differenza”. In questo caso, più che mai, succede proprio questo. L’impianto di Red Dead Redempton 2 va ben oltre la semplice interazione ludica; in questo capitolo, realismo e puro divertimento videoludico non sono mai stati così vicini. Un’esperienza stratificata, nella quale ogni componente di gioco ha una propria identità, sviluppata autonomamente ma integrata in un sistema coeso, con interazioni di gioco singolari e ben concepite per avvicinare il colpo d’occhio a un impatto verosimili. Dopo questa overture, apriamo le danze.
Questo titolo è per natura votato all’azione. Il gameplay, da un punto di vista generale, risulta completo e immediato, forse non troppo per i giocatori novizi o i non avvezzi al genere. Le missioni principali e gran parte di quelle secondarie prevedono lo svolgimento di attività utili per i componenti della banda intesi come individui singoli o come nucleo coeso. Duelli tipici del periodo storico, rapine, fughe dalle milizie, furti in case o alle diligenze e molto altro. Insomma, un rosa di missioni varie e mai troppo ripetitive. Ogni istanza ha delle azioni uniche affinché sia portata a termine, sempre nella più totale libertà d’azione.
Tra la moltitudine di attività che si possono svolgere, abbiamo anche la caccia e la pesca. Due delle fonti di sostentamento della banda e anche parte fondamentale del completamento strettamente legato al collezionismo. Infatti, all’interno del compendium – un libro dove sono raccolti collezionabili e simili presenti nel gioco – abbiamo due categorie dedicate proprio alla selvaggina e al pescato. Queste due categorie del regno animale sono composte da una moltitudine di bestie di diverse rarità. La caccia ha una complessità tutta sua, con un realismo unico e prezioso quanto riguarda gli animali e il loro comportamento.
Sarà nostra cura scegliere dove colpirli, come colpirli e quale arma usare per non rovinare la carne e la pelliccia degli animali. Inoltre, la caccia è facilitata dall’abilità del nostro Arthur di seguire le tracce lasciate dagli animali, abilità molto simile al Dead Eye, del quale parleremo dopo. Invece la pesca, introdotta come ogni meccanica da una missione della storia, è ben sviluppata e approfondita grazie alla scelta delle esche da usare, il tipo di canna da pesca ed ovviamente il “momentum” da saper sfruttare per portare a termine la vostra battuta di pesca.
Parliamo adesso della componente principale del titolo. Il combat system, anche in questo gioco è tanto basico all’atto quanto approfondito nella sua struttura. Il corpo a corpo è stato notevolmente rivisto rispetto al passato, nonostante si componga principalmente di due mosse, la parata e quella offensiva. L’intelligenza artificiale è migliorata sotto questo punto di vista e qualora vi trovaste in una scazzottata, potreste non uscirne illesi. Per il combattimento a distanza, e più in generale con armi da fuoco, dobbiamo menzionare un aspetto fondamentale: l’arsenale è stato amplificato e approfondito notevolmente.
L’usura delle armi e la cura che avrete di esse, farà la differenza in combattimento. Il vostro Revolver sarà anche il vostro migliore amico. Inoltre, la mira assistita risulta quasi superflua vista la presenza dell’ormai celebre Dead Eye, dunque state molto attenti a rifornire la barra dell’abilità citata in precedenza. Uno dei difetti riscontrati da molti giocatori è il tanto discusso input lag. Per quanto riguarda la nostra esperienza di gioco, abbiamo imparato presto a conviverci senza intenderlo un peso, ma per molti giocatori potrebbe risultare addirittura fastidioso per la progressione.
L’altra componente fondamentale di questo titolo riguarda quella gestionale, che espande ancora di più l’orizzonte ludico dell’esperienza. Una delle maggiori qualità di questo titolo è proprio la molteplicità di meccaniche presenti e quindi di sottogeneri presenti. Essendo voi parte di una banda e quindi un nucleo coeso di persone da sostentare, il vostro compito sarà anche badare alle provviste, gli accampamenti e le medicine. Ecco perché al campo potrete donare ingenti somme di denaro per la banda, sistemare le strutture, aumentare le scorte o semplicemente migliorare il vostro alloggio.
Vere e proprie meccaniche da gestionale: risorse limitate, postazioni da migliorare, dunque una sopravvivenza vera e propria. Ciò che permette di apprezzare ancora di più questa componente è che non faccia sentire il suo peso e anzi, risulterà naturale dopo poche ore. Insomma, un realismo non forzato, ma perfettamente incorporato nell’esperienza grazie a superbe scelte di Game Design. Strettamente legata al vostro personaggio invece è la cura estetica – fare la barba, impomatare i capelli – e la scelta dei vestiti da indossare in base al clima e la stagione. Ovviamente, come detto in precedenza, non scordatevi delle vostre barre della stamina, della vita e della abilità, influenzate da questi ultimi elementi.
Prima di passare ad alcune meccaniche da analizzare separatamente parliamo di alcuni extra e della parte collezionistica. Cominciamo proprio da questa. Come detto in precedenza, il compendio è formato da diverse categorie come animali, pesci ed anche piante. Proprio così, in giro per la mappa potrete raccogliere varie erbe con le quali ripristinare la vostra salute o creare nuovi medicinali. Inoltre tornano le sfide, proposte anche sotto forma di caccia al tesoro. Si tratta di attività opzionali tanto semplici quanto redditizie per la vostra avventura.
Continuando coi contenuti di gameplay extra, abbiamo i sempreverdi covi delle bande nemiche da eliminare e le taglie da riscuotere, qualora avessimo bisogno di denaro. Proprio sulle taglie ed il sistema di crimine dobbiamo aprire una parentesi. Questo potrebbe essere uno dei pochi casi in cui il realismo risulta fin troppo esagerato. Infatti, se doveste compiere malauguratamente una qualunque azione criminale, siate pronti a subirne le conseguenze e vedere un’ingente taglia sulla vostra testa. Un sistema giudiziario troppo severo e mal strutturato che ci costringe ad essere spesso riconosciuti come fuorilegge.
Concludiamo adesso con la parte dedicata ai collezionabili. Uno degli aspetti migliori di Red Dead Redemption è che, nonostante la grandezza della mappa e la mole di componenti che compongono l’esperienza, tra cosa da scoprire e attività da portare a termine, non ti fa pesare nulla. Rockstar Games ha fatto un lavoro certosino di introduzione alle varie meccaniche di gioco, accompagnandoti per mano e facendoti scoprire ognuna di esse. Per quanto riguarda la proposta collezionistica, abbiamo le figurine delle sigarette, sicuramente la più originale delle trovate. 144 figurine diverse per altrettanti pacchetti di sigarette sono sparsi per le varie cittadine o ranch, e raccoglierle tutti sarà un’impresa.
Inoltre, troviamo gli acchiappasogni, l’eredità della cultura dei nativi americani, collezionabili negli appositi luoghi di interesse. In più, ci sono le ossa di dinosauro, resti di creature appartenenti a un’altra epoca che dovremo raccogliere su richiesta di un’audace archeologa. Oltre tutto questo abbiamo le tombe, i punti di interesse e gli oggetti esotici; insomma, piccoli elementi extra per tutti i gusti. Sta a voi scegliere da cosa partire, e il completista che è in voi rimarrà estasiato dinanzi a questa proposta ludica.
Fare il buono (il brutto) e il cattivo tempo
Parliamo di un comparto spesso dato per scontato nei videogiochi, quello audio-visivo. Ogni titolo che si rispetti deve necessariamente avere una colonna sonora degna di nota ed essere quantomeno esteticamente appagante. Se è vero che buona parte dell’utenza associa la grafica spettacolare a tutti i costi al concetto di bellezza di un gioco, allora in questo caso siamo dinanzi ad un’opera d’arte dipinta coi pixel. Red Dead Redemption 2 è quanto di meglio sia stato proposto nelle ultime annate a livello visivo.
Una grafica spacca-mascella, accompagnata da una superba colonna sonora, degna del miglior film di Sergio Leone. Il doppiaggio in lingua originale, e quindi l’interpretazione attoriale, è realistico e coerente coi personaggi appartenenti alle vicende narrate. Anche i singoli rumori di fondo, come il vento tra le fronde degli alberi, gli zoccoli del cavallo sul terreno, lo scoccare di una freccia o l’esplodere di colpo di fucile, sono estremamente realistici.
Strettamente legato al comparto visivo, parliamo del mondo di gioco, aprendo una piccola parentesi. Se è vero che il primo Redemption proponeva un open world vasto, ben concepito e narrativamente coerente, è pur vero che si trattava di lande desolate e poco dettagliate. Insomma, un orologio di lusso, ma senza pietre preziose. In questo prequel, invece, ci viene dato in dono il migliore degli orologi, impreziosito dalle più sontuose pietre.
La zona d’America è cambiata, e dunque anche l’ambientazione del gioco. Siamo passati da lande spoglie e desolate, a monti e praterie ricche, mutevoli, ma soprattutto vive. A seconda della stagione in cui vi troverete, il mondo e l’impatto che esso ha su di voi cambierà radicalmente. Anche il tratto meno percorso delle praterie ha una componente artistica e creativa di rilievo. La bellezza circostante è quindi messa in risalto dalla grafica all’avanguardia. Questo titolo riesce anche in queste due categorie a farla da padrone rispetto ad altri prodotti sulla piazza.
Il miglior amico dell’uomo ha gli zoccoli
Una questione da approfondire separatamente è quella del nostro fidato destriero. Gran parte del tempo di gioco lo passeremo a cavallo, sfrecciando tra le praterie della nuova America. Un viaggio mai d’obbligo, ma sempre di piacere. Un po’ come accade in altri titoli, anche se in modo totalmente diverso e in un ambito differente, viaggiare su di un unico mezzo non ci porterà alla noia nell’immediato, ma anzi risulterà piacevole in ogni frangente.
Questo metodo apparentemente antiquato e artificioso permette di instaurare un rapporto ben più profondo col nostro equino e verrà naturale affezionarsi a esso, coccolarlo e accudirlo come meglio ci pare. Potremo personalizzare la criniera, la coda, la sella, gli speroni e tanto altro. Si tratta di una componente secondaria, ma sviluppata tanto quanto le altre, a tal punto che, quando perderemo tragicamente il nostro fidato destriero, sarà una dipartita della quale risentiremo non poco.
Tuttavia, non disperate, poiché nelle stalle in città potrete acquistarne uno nuovo, con caratteristiche uniche sia per quanto riguarda corsa, vitalità o resistenza, sia per quanto riguarda il manto. Una componente di eccezionale bellezza, è la mutevolezza e l’adattamento del mondo di gioco alla presenza del nostro fedele compagno di viaggio.
Se costringerete il destriero a cavalcare in velocità a lungo, potrete sentire distintamente il suo respiro ansimante e percepire la sua stanchezza. Se galoppando per i boschi incontrerete per vostra sfortuna uno spietato predatore, potreste essere disarcionati e il vostro cavallo potrebbe fuggire spaventato. Un legame a doppio filo quello del cavallo e del contesto, che rende quindi l’animale vivo e partecipe.
Alzare l’asticella
Nel nostro ultimo approfondimento sui Cult Videoludici, abbiamo parlato dell’importanza di Rockstar Games nel panorama videoludico. Abbiamo visto come la compagnia nel corso degli anni sia riuscita a proporre titoli sempre innovativi e talvolta rivoluzionari, destinati a rimanere nella storia del medium. Una delle affermazioni di maggiore importanza che abbiamo fatto è stata tuttavia un’altra: c’è il disperato bisogno di un nuovo cult, un nuovo titolo d’impatto che riesca a smuovere le stagnanti acque delle grandi produzioni.
Ecco, oggi possiamo finalmente dirvi che questo titolo è proprio Red Dead Redemption 2. Le proposte risalenti a prima dell’uscita di questo titolo, contano sicuramente valide esperienze, e possiamo tranquillamente affermare che il 2018 sia stato una delle migliori annate di questa generazione. Tuttavia, parlando più nello specifico, ben pochi titoli sono riusciti a lasciare un’impronta ben marcata sul modo di sviluppare giochi. Una situazione di stallo, che fino a poco fa ci avrebbe visti uniti nell’attesa della prossima generazione.
Controller alla mano, Red Dead Redemption 2 ha stravolto la nostra idea di mondo aperto free-roaming. La proposta di Rockstar è unica, e raramente si sono visti mondi di gioco così imponenti e ben concepiti in suddetto solco. Un’esperienza così complessa e sviluppata su così tanti livelli diversi, rende il giocatore quasi spaesato dinanzi alla mole di azioni possibili da compiere. Queste due componenti di cui abbiamo parlato in precedenza, unite alla narrativa, hanno permesso a questo gioco di “alzare l’asticella” delle esperienze interattive digitali.
See you, West Cowboy…
In conclusione, cosa possiamo aggiungere più di quanto non sia stato già detto? Red Dead Redemption 2 è un’avventura imprescindibile, la quale dovrebbe essere giocata da ogni persona si definisca vicina anche solo vicina al medium. Rockstar Games torna dopo 8 anni e lo fa superando di gran lunga le aspettative con una proposta che convince, sorprende e stupisce, per qualità della realizzazione e novità. Lo studio di New York City ha sparato le sue migliori cartucce, centrando in pieno l’obiettivo. Con abilità, Rockstar è riuscita nell’intento di unire quanto di meglio proposto in queste ultime generazioni, migliorando nettamente la formula e aggiungendo innovazioni degne di nota.
Mai era stato concepito un action-adventure di questo calibro, che a tratti aspira ad assottigliare il divario tra Cinema e Videogioco. Un’affermazione difficile da fare, ma mai così vera quanto in questo caso. Insomma, siamo dinanzi a quello che volgarmente verrebbe definito “gioco dell’anno”, senza molti dubbi. Il nostro voto, 9.9/10 è simbolico: questo gioco è quanto di meglio sia stato proposto negli utlimi anni, ma di certo non è perfetto e quello 0.1 d’avanzo costituirebbe un’altrettanto lunga riflessione. Il medium videoludico è ben lungi dal concepire il “gioco perfetto” che forse, e per fortuna, non ci sarà mai.
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