Arte promiscua e di inarrestabile fascino, i Blockbuster Videoludici di Sony
L’industria videoludica è in costante evoluzione. L’evoluzione rapida, frenetica ed espansiva degli ultimi anni, ha portato l’Arte del Videogioco a essere contaminata dall’opinione pubblica – tra contraddizioni, celebrazioni e ambiguità. Lo sviluppo di esperienze interattive digitali è sempre stato un bellissimo missaggio tra arti audiovisive, informatica, musica e conoscenze trasversali, ma oggi gli equilibri di questi elementi hanno una quadra talvolta sproporzionata. Alcuni di essi sono cresciuti esponenzialmente, concretizzandosi nel Blockbuster Videoludico (appellativo coniato da me per descrivere il fenomeno).
È interessante osservare come questo mutamento sia stato discontinuo negli anni, ma sempre presente, sino a ritrovarci oggi con un’azienda che ha fatto dell’impostazione cinematografica il proprio cavallo di battaglia. Analizziamo dunque l’evoluzione dell’idea di Videogioco portata avanti da Sony, la quale lascia anno dopo anno la propria impronta grazie al lavoro creativo distintivo delle esclusive proposte.
Dal Videogioco al Blockbuster Videoludico
Il Videogioco è una precisa branca delle esperienze interattive che, nella maggior parte dei casi, porta il giocatore a immergersi all’interno di universi colmi di personaggi, ambientazioni e sentimenti. Il legame che si crea tra il videogiocatore e il videogioco è senza dubbio uno dei più intimi che possano esserci, grazie alla possibilità donata alla persona di poter diventare il protagonista – diretto o indiretto – avente abilità di controllo, e di gestire un alter ego, se non un intero universo videoludico. Sin dagli albori delle esperienze interattive più articolate, partendo dai primi The Legend of Zelda e Super Mario Bros., abbiamo assistito alla più grande rivoluzione videoludica della storia che ha mantenuto Nintendo in cima all’Olimpo dell’industria per molti anni.
Coinvolgimento e tecniche diegetiche, verso Hideo Kojima
I titoli dell’azienda giapponese in questione, punti di partenza per molte altre celebri e mastodontiche opere, sono stati visionari. Se da una parte si ha un’effettiva richiesta da parte dei game designer, per quanto riguarda l’acquisizione di determinate abilità utili ad affrontare il gioco, dall’altra abbiamo un coinvolgimento totale nell’universo d’interazione. L’esperienza maturata, dalla quale tutti hanno poi attinto, ha portato su un altro livello il Videogioco casalingo, gettando alla lontana le basi per un prototipo di Blockbuster Videoludico.
Nel tempo, però, abbiamo potuto assistere a un fenomeno che ha portato l’audiovisivo a prevalere sulle abilità richieste. Questo è evidente soprattutto nella produzione Sony, la quale ultimamente ha iniziato a virare verso veri e propri film con diversi gradi di interazioni. Sin dagli albori dell’azienda abbiamo avuto assaggi di esperienze simili, ma ancora prima per NES, escludendo il genere delle avventure grafiche, abbiamo potuto godere di Metal Gear, approdato poi su PlayStation con la celebre saga Metal Gear Solid. Parliamo di opere che hanno portato a schermo un’impostazione cinematografica predominante. Il merito di questa svolta è attribuibile soprattutto a Hideo Kojima, Game Designer il cui corpo – come da lui dichiarato – è composto prevalentemente da film. Questo è solo l’inizio della via intrapresa nel corso degli anni da Sony, che man mano si è spostata in questa nuova concezione videoludica.
“Il 70% del mio corpo è fatto di cinema.”
– Hideo Kojima
Sony difference, adattarsi al mercato analizzando l’utenza
Questa influenza non è però nata e mantenuta con PlayStation, quanto più abbozzata e riproposta discontinuamente. Un percorso durato quattro generazioni di console, il cui apice è oggi visibile con PlayStation 4 e le sue esclusive. Crescita e consapevolezza, dettate forse dal volersi distinguere dal mercato, o più semplicemente dallo spirito di adattamento alla mole di videogiocatori “moderni”, certamente diversi da quelli di vecchio stampo. Ormai è chiaro che a richiedere il gioco “bruto” sia una minoranza, seppure non soffocata, e nell’ottica di Sony, l’obiettivo è andare incontro a un’equilibrata produzione.
Notiamo infatti quanto l’impostazione cinematografica proposta da Sony coincida con un periodo storico in cui il videogiocatore non ha interesse nello sviluppare un certo livello di abilità entro gli schemi di gioco. È innegabile che i videogiochi moderni, salvo qualche rara eccezione, siano ormai progettati in maniera tale da non richiedere grandi sforzi mentali e fisici. Ci troviamo in un mercato dominato dal casual, che sempre più si adagia sugli allori, pretenzioso e avaro, ma che comunque tende a identificarsi con uno stile eclettico e poliedrico, in modo tale da accontentare anche i gusti più particolari.
Richiami ai caratteri televisivi, il gioco che passa da struttura ad aspetto
Stiamo assistendo alla dominanza di Sony e alla sua personale declinazione di Arte Videoludica, che sempre più strizza l’occhio all’esperienza cinematografica interattiva. Alcune software house hanno basato il loro successo sull’estremizzazione dei connotati di questa tipologia narrativo-ludica, come Telltale Games. La compianta casa di sviluppo proponeva titoli divisi in episodi, richiamando la serialità televisiva o i grandi franchise cinematografici, dove l’intervento dell’utente è circoscritto entro alcune scelte da intraprendere con la pressione di un tasto.
Questo formato ha permesso a Telltale di diffondersi capillarmente, ma anche di perpetuare nelle medesime modalità. Esperienze del genere si adattano alla fruizione su più piattaforme differenti, tra le quali figurano le console, ma anche il PC e gli smartphone. Puro caso che la software house abbia chiuso i battenti? Riteniamo di no, poiché ormai satura di sé stessa. Stile all’avanguardia, che nel tempo guadagna consensi tra i giocatori, i quali vengono coinvolti emotivamente in esperienze che offrono libertà di scelta nelle azioni da intraprendere, condite da una narrativa filmica che poco ha da invidiare a un Blockbuster Hollywoodiano. Questo è, in breve, un Blockbuster Videoludico: un titolo volto al godimento interattivo, grazie a una parte di gameplay affiancata da una narrazione audiovisiva massiccia.
Esempi di unione derivanti da un’accurata analisi
Sony ha deciso di utilizzare questa formula nel proprio ecosistema videoludico, dando così vita alle moderne esclusive per ottava generazione. Analizzando quindi la perdita di interesse nello sviluppo di abilità cognitive da parte del videogiocatore contemporaneo, l’azienda giapponese ha intrapreso un percorso creativo che l’ha portata al monopolio dei Blockbuster Videoludici. Sempre propensa sin dalla genesi, per poi affermarsi a cavallo tra la settima e l’ottava generazione, il successo di Sony è quindi l’offerta narrativa presente sul mercato, che accontenta tutte le categorie di videogiocatori.
La strada è stata oramai definitivamente imboccata nel 2013, con la pubblicazione di The Last of Us per PlayStation 3. Il lavoro magistrale di Naughty Dog – precedentemente iniziato con la saga Uncharted – è stata la consacrazione di Sony in questo suo percorso di crescita creativa. Non a caso, il videogioco è considerato un capolavoro dai più, grazie alla perfetta unione tra interazione videoludica e connotati cinematografici che, insieme, hanno dato vita a un’opera che è rimasta impressa negli annali e che ha decretato il successo di Sony in questo suo modus operandi.
La preponderanza di meccaniche di gioco ormai consolidate, in simbiosi con narrazione Hollywoodiana, hanno fatto di The Last of Us quello che oggi conosciamo tutti quanti. Tuttavia, dovessimo passare in analisi il titolo, separando il videogioco dal film, otterremmo due risultati, definibili un videogioco godibile e un classico film statunitense – peccando forse di superbia. Questa non è assolutamente una critica volta a svalutare l’opera, bensì la visione di come un lavoro di ricerca e cooperazione possa dar vita a opere nel suo insieme rivoluzionarie, osando e con il rischio di cadere in alcuni cliché. Non a caso il titolo ha ricevuto una rimasterizzazione per PlayStation 4 e ne è stato presentato il seguito.
La punta dell’iceberg, dove ci porta il futuro?
The Last of Us è però la punta dell’iceberg di ciò che Sony ha offerto nel corso degli ultimi anni, perfezionando la formula e guadagnando la fama di cui gode. L’era della PlayStation 4 è forse ciò che più rappresenta la più grande fetta di utenza che fruisce di videogiochi, senza però abbandonare l’élite di vecchia data, che ha potuto godersi prodotti ludici di ottima fattura. La compagnia si rivolge a una fetta d’utenza che ha abbandonato il piacere della sfida, ma che abbraccia la narrativa. I titoli Sony sono infatti un perfetto esempio di coesistenza di quel poco di sfida che basta ed esperienza narrativa.
Tutto questo avviene anche grazie a una semplicissima meccanica che esiste da anni nei videogiochi: il selettore di difficoltà. Una banalità, ma grazie alla quale l’utente navigato può sfidare se stesso – seppur in misura contenuta – e il videogiocatore meno pretenzioso può goderne la narrazione filmica. Le esclusive PlayStation sono dunque definibili “Blockbuster Videoludici” proprio grazie alla loro impostazione cinematografica tipica delle grandi produzioni audiovisive, che si intreccia con impianti ludici che ne accompagnano la narrativa.
Tutti i lavori proposti godono della medesima proprietà interattivo-narrativa, riconducibile immediatamente alla piattaforma anche grazie ad alcune strategie tecniche. In primis, troviamo la scelta cinematografica del posizionamento della telecamera di gioco, la quale è un filo conduttore tra i videogiochi di Sony. D’altro canto, troviamo una sceneggiatura Hollywoodiana a tratti banale, ma decisamente avvincente poiché, come già detto, è accompagnata da un’esperienza interattiva che porta il giocatore all’interno dell’universo narrativo, coinvolgendolo in un’esperienza a 360°.
Influenze mediante antitesi e imposizione sull’utenza
Esistono però alcune eccezioni, come il famosissimo Bloodborne di FromSoftware. Questa esclusiva è infatti l’altra faccia della medaglia di Sony, la quale porta lo stile di From, con la quale ha già lavorato per Demon’s Souls, all’interno di un contesto cinevideoludico. Un fulmine a ciel sereno, che ha portato nel menù di esclusive l’ondata mediatica di cui FromSoftware gode grazie alla “recente” esplosione dei Dark Souls. Bloodborne non ha esplicitamente l’impostazione narrativa cinematografica che caratterizza le altre esclusive Sony, bensì sfrutta l’espediente della lore, disseminando – a volte nascondendo – informazioni fondamentali per la conoscenza dell’universo narrativo nel quale ci ritroviamo.
Allora perché questa scelta da parte di Sony? FromSoftware è l’antitesi del modello della compagnia. Nessuna sceneggiatura esplicita, cut scene ridotte all’osso, difficoltà elevata e assenza di meccaniche sempre presenti nell’arsenale delle esclusive PlayStation 4. Bloodborne è la ciliegina sulla torta di Sony, l’eccezione che conferma la regola, che comporta lo sviluppo di abilità da parte del giocatore in un universo in cui sbagliare è obbligatorio per proseguire. Se mancava qualcosa nel parco esclusive, era proprio l’elemento di sfida tipicamente imposto dalla software house, ma reso meno traumatico grazie all’impatto audiovisivo del titolo.
Bloodborne porta il giocatore a proseguire perché affascinato e incuriosito dagli elementi che lo circondano, non attraverso una diegesi coinvolgente. Se da una parte Sony accontenta l’utenza, dall’altra impone il proprio operato influenzando l’opinione dei videogiocatori, i quali si ritrovano a giocare a una “novità”, proposta grazie a una profonda analisi di mercato. In soldoni: FromSoftware vende e fa vendere. Così facendo, il colosso giapponese offre al consumatore quello che possiamo definire “il dolce di una elegantissima cena”, nonché, di fatto, una moda esplosa negli ultimi anni: Il Souls Like.
Cambiamento di tendenza o momento passeggero?
Questo processo sta però iniziando a mutare l’atteggiamento del videogiocatore, sempre più attratto dalla lussuriosa sfida che gli si pone di fronte. Possiamo quindi dedurre che il giocatore svogliato stia lentamente riscoprendo il fascino dell’esplorazione delle meccaniche di gioco, nonché della loro padronanza. Sarà grazie a FromSoftware o meno, ma il piacere del riuscire a prevalere sulla sfida di un prodotto sta diventando un fattore da non sottovalutare da parte delle software house, e Sony questo lo ha capito. Riuscire a far gustare ai propri utenti qualcosa di diverso aiuta a spezzare la monotonia che potrebbero riscontrare nel giocare titoli con la medesima impostazione. Trattasi, ovviamente, anche di una manovra mediatica non indifferente.
FromSoftware è conosciuta dai più per la peculiarità dei propri titoli, nonché dalla fama di cui essi godono. Accaparrarsi quindi una buona fetta d’utenza da parte degli appassionati è decisamente una strategia che invoglia a trasferirsi sulla propria piattaforma, così da potergli porgere l’enorme piatto di esclusive che contraddistinguono Sony, aumentandone la diffusione e il potere mediatico. Come nutrire certe voglie dell’utenza, senza però stravolgere il proprio lavoro? Si chiama NG+ (New Game Plus), esistente già in molti RPG, ma il cui termine è stato coniato con Chrono Trigger nel 1995.
Come si colloca il NG+ in esperienze fortemente narrative?
Il NG+ è, in breve, una modalità che permette di ripercorrere da capo un videogioco. Tuttavia, non si riparte dal principio, ma si affronta un percorso tendenzialmente più difficile o con elementi inediti. È interessante vedere come questa caratteristica, ormai tanto diffusa, stia diventando un elemento ricorrente nelle esclusive Sony. The Last of Us, Horizon: Zero Dawn, Bloodborne e God of War sono solo alcuni esempi, ma possiamo anche citare Marvel’s Spider-Man. In questi giochi si ha modo di ripercorrere una storia già vissuta, la quale offre però ulteriore sfida e libertà decisionale sull’approccio al gioco, assecondando il completismo e accompagnando il bisogno estetico di “pompare” il proprio protagonista, sbloccando quindi abilità speciali per portarlo al livello più alto possibile.
L’intelligenza di Sony è spesso sottovalutata, e talvolta le critiche verso manovre poco etiche si confermano valide. Tuttavia, quello della compagnia è un comportamento che è riuscito a portare il marchio nell’Olimpo dei videogiochi, ottenendo così risultati straordinari in termini di vendita e di consensi, con il piazzamento di 80 milioni di console. Non vediamo l’ora di vedere l’evoluzione del Blockbuster Videoludico con la prossima generazione di console, la quale permetterà a Sony di proporre contenuti ancora più complessi e creativamente articolati.
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