Dead Cells è finalmente uscito dall’accesso anticipato, ecco la recensione del metroidvania
Dopo circa un anno di accesso anticipato, il titolo di Motion Twin che unisce componenti dei metroidvania e dei roguelike, è ufficialmente uscito per PC, PS4, Xbox One e Switch. Negli ultimi anni sono stati numerosi i giochi che hanno arricchito il parco titoli del genere metroidvania, e l’indie in questione si piazza senza dubbi tra la vetta. Dead Cells riesce a fondere le caratteristiche dei roguelike e quelle del metroidvania in una maniera sublime – tanto da essere definito in rete con il termine “roguevania”.
Il gioco, fin dalla presentazione, ha fatto breccia nel cuore degli amanti dei due generi, e a quanto pare non solo loro. Infatti, il titolo ha superato le 750.000 unità poco prima del rilascio ufficiale, riscuotendo un enorme successo e ottenendo notevoli dati di vendite dopo l’uscita. Dopo anni di sviluppo e un anno di accesso anticipato, Dead Cells è riuscito a mantenere fede al suo concept? Vediamolo insieme in questa recensione!
“Lasciate ogne speranza, voi ch‘intrate”
Il gioco è fortemente ispirato ad altre opere, oltre a Metroid e Castelvania. Difatti, l’inizio della nostra avventura strizza molto l’occhio alla serie di Hidetaka Miyazaki: celeberrima, Dark Souls. Come nel titolo di From Software, la diegesi inizia senza spiegazione alcuna. Ci troviamo in una prigione all’interno di un’isola senza nome. Com’è intuibile, siamo un umanoide immortale che prende il nome di “il Prigioniero”.
La prima ambientazione che il gioco ci mostra è proprio quella che più vedremo durante il gioco. Un ammasso di quella che può sembrare gelatina viene gettata nella cella che ospita il protagonista. Come se avesse vita propria, si avvicina ad esso per rianimarlo, facendo ardere nuovamente la fiamma che si trova al posto della testa. Durante il gioco, ci ritroveremo a dover ammirare questo scenario più e più volte, dato che ad ogni morte la “rinascita” del Prigioniero avverrà – da tradizione ludica – nelle medesime modalità.
Un passato avvolto nel mistero
Durante il gioco sarà possibile interagire con numerosi NPC, grazie ai quali potremo acquisire maggiori informazioni sulla lore del gioco. Infatti, grazie ad una guardia carceraria, scopriamo che il Prigioniero è stato giustiziato per un crimine mai specificato. Inoltre, un NPC nelle prime run ci spiega che l’isola in cui ci troviamo cambia ogni volta che il protagonista perisce, e come un organismo vivente si evolve nel tempo. Una breve giustificazione narrativa alla proceduralità del gioco.
L’incipit della trama sembra molto accattivante, tuttavia non viene approfondita più di tanto. Oltre che con gli NPC, avremo la possibilità di interagire con alcune parti della mappa – come ammassi di cadaveri, porte, pozze di veleno, biglietti lasciati qua e là e molto altro. Tuttavia, scopriremo poco di questo tenebroso mondo o comunque otterremo solo qualche indizio. Resta il fatto che il punto di forza di certo non è, e non vuole essere, la lore, bensì le meccaniche frenetiche. Il combat system premia la reattività del giocatore e la bravura nel saper scegliere le armi e gli oggetti che si troveranno lungo il cammino.
Arma che vince non si cambia
Come Steve Filby, il produttore di Dead Cells, ha dichiarato, The Binding of Isaac ha influenzato notevolmente il gioco. Infatti, Dead Cells è basato interamente sulla scelta dei diversi oggetti trovabili lungo il cammino. Questi ultimi sono divisi in tre categorie: brutalità (armi corpo a corpo e granate), tattica (armi a distanza e gadget come le torrette) e sopravvivenza, che racchiude oggetti difensivi come gli scudi. Ogni oggetto sbloccato, dopo un paio di run, verrà visualizzato nella cella iniziale all’interno di ampolle appese al soffitto.
Purtroppo, ma questo può variare in base allo stile di gioco della persona che sta impugnando il pad, si finisce per cercare e usare sempre le solite armi. Il design non è capace di spingere il giocatore ad uno sfruttamento approfondito delle opportunità offerte dall’impianto, complice forse un bilanciamento non ottimale degli strumenti. Ovviamente, ciò non è un vero e proprio difetto del gioco. Tuttavia, poter variare di run in run l’approccio che si ha, senza sperare in quella coppia vincente di armi, sarebbe un punto a favore in più.
Resta il fatto che il gioco presenta una moltitudine di armi e oggetti che il giocatore può scegliere di raccogliere, di lasciare per terra o addirittura vendere più avanti nel gioco. Esatto, perché il gioco contiene anche dei miglioramenti o delle abilità acquistabili dal “Collezionista”. Quest’ultimo si trova nei vari hub insieme ad altri NPC, e presso lui il nostro protagonista può ricaricare la sua vita. Suddette abilità si potranno acquisire spendendo delle cellule che si troveranno durante i dungeon. Questi permettono una crescita graduale del personaggio e quindi un miglioramento nel tempo. Attenzione però, queste cellule verranno perse ad un’eventuale morte del giocatore.
Monete e Rune, acquisti e progressione
Affiancate alle Cellule, come mezzo di pagamento troviamo le monete. Grazie ad esse, potremo acquistare armi e oggetti nei negozi sparsi nei dungeon o modificare/migliorare le armi nella “Fucina Minore”. Queste verranno perse dopo la morte ma, a differenza delle Cellule, una parte potrà essere ritrovata in una sacca nella cella principale. Durante la nostra avventura, grazie alle Cellule, potremo migliorare la capacità di suddetta sacca.
Oltre ai miglioramenti acquisibili tramite le Cellule, battendo determinati nemici avremo la possibilità di raccogliere dal loot del cadavere una runa. Questa ci conferirà delle abilità, come correre sui muri o spaccare determinati pavimenti. Grazie a queste abilità, avremo la possibilità di arrivare in parti della mappa prima inaccessibili, che permettono di far crescere gradualmente il personaggio e di avvicinarci sempre di più alla fine.
Una vera e propria droga videoludica!
Il gioco, che per certi versi si può piazzare anche nel sottogenere trial & error, presenta un’elevata rigiocabilità. I livelli, nonostante siano creati proceduralmente, presentano dei limiti e delle ripetizioni date da delle scelte di level design. Tuttavia, ciò non dà in nessun modo noia al giocatore, anzi, la sensazione potrebbe essere quella di trovarsi davanti a una vera e propria droga, che rapisce sempre di più. Nonostante il fatto che ad ogni morte il giocatore debba ricominciare da dov’era partito, nulla è perduto dopo la sconfitta del Prigioniero.
Infatti, le cellule investite per sbloccare nuovi oggetti e abilità durante la run, agevolano lo svolgimento dell’avventura e il miglioramento del personaggio. Viene permesso durante tutto il gioco un cambio continuo dell’approccio di gioco da parte del giocatore, nonostante alcuni squilibri spingano all’uso ripetuto di determinate armi. Il gioco suscita la voglia di sperimentare sempre nuove combo con gli oggetti da poco ottenuti, e di sbloccare armamenti sempre più forti abbandonando quelli usati in precedenza. Questo però avverrà poche volte, dato che, come detto negli scorsi paragrafi, ci ritroveremo comunque a usare la coppia vincente di armi. Inoltre, fallire ci permetterà di conoscere sempre di più il gioco, i nemici che ci propone e le sue meccaniche così da rendere ogni tentativo – sperasi – più semplice.
Non solo ottime meccaniche, ma anche una gioia per gli occhi
Una menzione d’onore va data anche – e soprattutto – all’estetica e alla cura dei dettagli. Il gioco presenta dei livelli completamente diversi tra di loro sul piano estetico, curati nei minimi dettagli. La pixel art e le animazioni fluide rientrano nella categoria degli “orgasmi videoludici” per gli occhi. Il più delle volte – soprattutto ad inizio game o quando si sblocca una nuova area – si rimane fermi ad ammirare lo splendido scenario che il gioco propone seppur molto macabro e oscuro.
In conclusione, Dead Cells merita l’acquisto?
L’anno di accesso anticipato ha senza dubbio giovato a Dead Cells. Infatti, il titolo è cambiato totalmente rispetto alle primissime versioni, migliorando sempre di più, pur lasciando invariata l’anima del gioco e la sua formula vincente. Il gioco è interamente incentrato sull’avanzare del Prigioniero in una prigione fatta di dungeon, nei quali troviamo una moltitudine di nemici completamente diversi tra loro sia esteticamente che nei movimenti e negli attacchi. Il titolo francese è senza dubbio un esperimento ben riuscito. Il voler unire le meccaniche dei metroidvania con quelle dei roguelike è stato un grosso azzardo, tanto da far storcere il naso a tanti giocatori in passato. Nonostante ciò, la software house Motion Twin è riuscita ad amalgamare egregiamente i due generi, facendo ricredere tutti gli scettici e riscuotendo un meritatissimo successo.
Il gioco presenta veramente pochi punti criticabili. Se si volesse trovare l’ago nel pagliaio, si potrebbe dire che i boss sono pochi e ripetitivi. Una volta imparate le movenze dei nemici, come nella serie di From Software. le bossfight sono tendenzialmente facili con le armi giuste. Tuttavia, è da sottolineare che questo non va a svilire l’esperienza complessiva. Resta il fatto che, tra un comparto estetico eccellente, delle meccaniche frenetiche e divertenti, e in generale una notevole rigiocabilità, il titolo si rivela una piccola perla del genere. State giocando a Dead Cells? Fatecelo sapere con un commento!
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