Premessa: con “engagement” si intendono tutte le interazioni tra utenti, in particolare attraverso la pubblicazione di post, ma anche tramite like, commenti e condivisioni.
Il calo in Europa dopo Cambridge Analytica
Sono tempi bui per Facebook che, dopo il caso Cambrige Analytica, ha assistito a una diminuzione dell’utenza – da 282 milioni a 279 milioni di utenti attivi in Europa – e a un conseguente crollo del titolo in borsa del 23,68% durante l’after-hours. Questo si traduce in 50 miliardi di dollari bruciati solo nei primi due giorni.
Diminuiscono gli utenti UE e il tempo medio trascorso sulla piattaforma
Dal 20 marzo, data focale del caso Cambridge Analytica, gli iscritti non sono praticamente aumentati nel Nordamerica e sono diminuiti in Europa, i due mercati più importanti e redditizi per Facebook. Anche il tasso di engagement ha visto un calo medio del 20%, e gli stessi dirigenti stimano che le cose potrebbero continuare in questa direzione per diversi mesi, mentre l’azienda si vede costretta a riorganizzare parte delle proprie attività.
Questi preoccupanti indizi sul futuro di Facebook sono la diretta conseguenza delle direttive europee e dei problemi dalla grande rilevanza mediatica a cui il social ha dovuto far fronte negli ultimi anni, tra cui:
- le interferenze della Russia nelle elezioni statunitensi del 2016 – effettuate anche tramite Facebook e inizialmente trascurate dall’azienda;
- il caso di Cambridge Analytica – che ha portato alla diffusione incontrollata dei dati di milioni di utenti, mostrando le trascuratezze sulla tutela della privacy negli anni passati;
- l’introduzione a maggio del Regolamento Gdpr – il Regolamento Europeo sulla Privacy.
Facebook sta diventando “noioso”
Facebook finora era sembrato praticamente immune a tutto questo, addirittura superando sempre le attese degli analisti. Le cose ora sono cambiate, e a determinare questo calo progressivo dell’engagement concorrono diverse cause:
- Sempre meno giovani su Facebook
Gli utenti con un’età inferiore ai 20 anni – che condividono e pubblicano di più – si stanno spostando verso altre piattaforme social, privilegiando instant publishing e contenuti visuali – come WhatsApp, Snapchat e Instagram.
- Assuefazione a schemi di interazione sempre uguali
L’obiettivo di condividere e pubblicare post e commenti è di ricevere una gratificazione sotto forma di like o ulteriori reazioni da parte degli altri utenti. Con il tempo, la soddisfazione derivata dall’engagement si riduce progressivamente, generando una vera e propria assuefazione che frenerà l’utente dal pubblicare ulteriormente.
- Saturazione di contenuti ripetitivi
L’algoritmo di Facebook fa sì che i post nella home provengano quasi sempre dagli stessi utenti – cioè le persone con cui si interagisce maggiormente. Questo ci porterà a vedere sempre la stessa tipologia di contenuti e la nostra home diventerà noiosa e ripetitiva, con una bassissima probabilità di imbatterci in post nuovi e stimolanti. Il minore engagement può rappresentare un problema per il marketing aziendale: utenti meno attivi generano pochi collegamenti e quindi un social media marketing meno efficace.
La competizione dei social
Ulteriori preoccupazioni arrivano da quei servizi che, in proporzione, sono cresciuti più di Facebook: Snapchat e Telegram per i giovanissimi e LinkedIn per il business. Ma per quanto molti competitors già gioiscano del declino di Facebook, va ricordato che Facebook già possiede l’intero top 3 della concorrenza social: Messenger, Instagram e Whatsapp. Inoltre, ha aggiunto le stories per battere Snapchat e ha allontanato Youtube con la funzione Watch Party.
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