Meglio il libro o il film?
Quello della letteratura è un mondo vasto, magico, che nel corso dei secoli ci ha regalato vere e proprie perle, capaci di ammaliare ed intrattenere intere generazioni di lettori.
Umberto Eco disse “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro“.
Con l’avvento della settima arte, poi, tante di queste opere sono state adattate per il grande schermo. La trasposizione cinematografica ha permesso la fruizione ad un pubblico più vasto, spesso e volentieri, però, con pesanti compromessi di adattamento. Non sempre il contenuto di un libro può essere trasportato su pellicola nel medesimo modo in cui è stata pensata e scritta l’opera originale. Vuoi per motivi tecnici o per esigenze di produzione, talvolta l’adattamento risulta pesantemente diverso dal libro da cui trae ispirazione.
Al giorno d’oggi, quando si parla di adattamenti cinematografici, è facile sentire la frase “Eh ma è meglio il libro“.
Noi di DrCommodore.it, consapevoli delle difficoltà che si incontrano nel processo di adattamento e sempre convinti della magia della carta stampata, vogliamo andare controcorrente e parlarvi, invece, di quei film che si avvicinano o addirittura superano il libro da cui sono tratti.
Blade Runner
Non potremmo iniziare questa atipica rassegna in modo diverso. Il film diretto da Ridley Scott è un’opera d’arte nel vero senso della parola e non a caso spesso e volentieri diventa argomento di studio nelle scuole di cinema.
Tratto dal già ottimo romanzo di Philip K. Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?“, il film di Scott cambia registro rispetto alla più scanzonata opera originale e trasuda angoscia da ogni fotogramma. Ogni singolo elemento del film, che sia tecnico o narrativo è studiato in modo da lasciare il segno nello spettatore, capace di percepire la perdita dell’umanità e lasciandolo nello sgomento dei suoi pensieri.
Ready Player One
Quello di Ernest Cline è stato un bestseller inatteso, farcito di riferimenti pop e meticolosamente studiato per scatenare stupore e nostalgia nelle menti dei lettori che quegli anni li hanno vissuti nel pieno della loro gioventù.
Il film, sceneggiato dallo stesso Cline e diretto da Spielberg, pur essendo stato pesantemente rimaneggiato per il grande schermo, risulta godibile come la controparte cartacea, anzi, riesce ad intrattenere ed emozionare il fan nostalgico lasciandosi alle spalle la complessità dell’intreccio del libro (ed attualizzando alcune delle citazioni, per rendere più appetibile la pellicola ad un pubblico più vasto). Vi rimandiamo, comunque, alla nostra recensione.
Fight Club
Il romanzo di Chuck Palahniuk va letto e venerato come una seconda Bibbia. Su questo pochi dubbi. La rilettura di Fincher, tuttavia, è stata capace di conquistare pubblico e critica grazie ad un approccio diverso e più morbido rispetto all’opera originale.
Dalla caratterizzazione di Tyler Durden, ai toni cupi ma sempre scherzosi, il film è diventato una pietra miliare del cinema di fine millennio, un cult senza tempo, anche e soprattutto grazie alle interpretazioni di Brad Pitt, Ewdard Norton e Helena Bonham-Carter.
Apocalypse Now
Nel riadattare liberamente il racconto “Cuore di Tenebra” di Joseph Conrad, Francis Ford Coppola dimostra le sue sapienti doti da cineasta, riuscendo a proporre un film crudo, attualizzando la trama e spedendo lo spettatore nel mezzo della guerra del Vietman.
Mentre il racconto originale si apre e si chiude sul Tamigi, nel film l’elemento di chiusura circolare è dato da una canzone, The End dei Doors, che risuona come un monito all’inizio e alla fine della pellicola. Emblematico come una canzone del genere, con un titolo e un tema così palese, sia usata come incipit della pellicola. Sicuramente un presagio per gli spettatori.
Coppola ha approfittato dello stile moderno e senza tempo di Conrad per destrutturare e ricomporre l’opera originale, conscio del fatto che certe cose restano immutate nel tempo e nella natura umana, proponendo un film che prende tutto il buono del racconto e lo porta ad un altro livello, complice anche una colonna sonora all’altezza ed un cast di spessore.
Essi vivono
Carpenter riesce a prendere l’anima del racconto breve di Ray Nelson “Alle otto del mattino” e lo porta sullo schermo nel miglior modo possibile. Il protagonista è un uomo onesto e stanco delle convenzioni che vogliono imporre burocrati, media e governi. Quelle persone non sono “essere umani” sono proprio degli alieni e come tali vengono rappresentati. Carpenter toglie la componente rettiliana alle creature aliene e se nel racconto vengono visti attraverso gli occhi del protagonista, nella pellicola è grazie a degli occhiali che si riescono a distinguere dagli umani
Per tutto il film vi è un’aura di b-movie, il genere per eccellenza delle maestranze. Il protagonista mettendosi gli occhiali inizia ad avere una intolleranza fisica e mentale nei confronti del controllo dei “poteri forti” che comandano il mondo. Quello che ne segue è l’armarsi e fare di tutto per ribaltare la situazione, per ridare vita agli “umani” e spezzare le catene delle imposizioni.
“Lavora otto ore, gioca otto ore, dormi otto ore”, “Sposati e Riproduciti”. Questo è quello che la tua mente vede (nella pubblicità, nelle campagne elettorali, nelle trasmissioni TV) se vengono indossati i giusti occhiali!
Carpenter con la sua pellicola ci aiuta a filtrare la realtà, ci aiuta a combattere gli “alieni“. Ma sarà sufficiente a ribaltare la situazione? Probabilmente no, ma almeno John Nada ci ha provato.
Il silenzio degli innocenti
L’Hannibal di Antony Hopkins è unico e indimenticabile. Come anche il film di Jonathan Demme che surclassa sotto ogni punto di vista il già ottimo romanzo di Thomas Harris. L’incontro-scontro tra Lecter e Starling è stato reso in una maniera impeccabile e durante la visione chiunque resta colpito dall’interpretazione di tutto il cast.
Gli attori riescono a portare sullo schermo la tensione e il phatos descritto nel libro e dove l’immaginazione non basta per vivere le scene del romanzo, ci pensa la pellicola di Demme a scioccare e far riflettere.
Non a caso il film è stato premiato con 5 Oscar.
Lo squalo
Tratto dall’omonimo romanzo Peter Benchley, il film diretto da Spielberg riesce ad essere fedele al punto giusto, tanto da preservare l’essenza del film riuscendo però ad eliminare alcuni elementi che non avrebbero reso bene al cinema.
Il lavoro dello stesso stesso Benchley (che ha lavorato alla sceneggiatura) e di un cast di tutto rispetto, magistralmente orchestrato dalle musiche di John Williams, ha decisamente dato i suoi frutti. Il film, costato 8 milioni, ha incassato circa mezzo miliardo ed è stato premiato con 3 Oscar, restando nell’immaginario collettivo come il primo vero blockbuster del cinema.
Jurassic Park
È la terza volta che parliamo di un film di Spielberg in questo articolo e, probabilmente, un motivo ci sarà. Quello di Michael Crichton è un libro vincente, complice anche un’idea originale, ma la pellicola combina sapientemente personaggi meglio caratterizzati ed una computer graphic rivoluzionaria per l’epoca.
Una gioia per gli occhi per chi ha avuto il piacere di vivere quegli anni e godersi al cinema il primo vero dinosauro in CGI degno di questo nome. Peccato per la piega che ha preso la saga negli ultimi anni…
Il laureato
Il film di Mike Nichols, basato sul romanzo di Charles Webb, è diventato un classico, non solo grazie alla grande interpretazione di Dustin Hoffman e di Anne Bancroft o per merito della straordinaria colonna sonora firmata Simon & Garfunkel.
Rispetto ai toni scanzonati del romanzo (scritto ad inizio anni 60 e che fa in un certo modo da preludio alle tensioni sociali e studentesche che sarebbero scoppiate di lì a poco) la pellicola trasmette con efficacia l’ansia di crescere, di abbandonare il mondo della giovinezza per passare a quello dell’età adulta. Si percepiscono i pensieri che attanagliano il protagonista, nel quale è facile immedesimarsi.
Shining
Kubrick è stato un regista complicato, si sa.
La a volte discutibile direzione degli artisti, l’uso del colore, l’uso di ambienti contrastanti per simboleggiare i vari stati d’animo dei protagonisti, l’innovazione tecnica e stilistica (come il primo uso estensivo e ragionato di una steadycam nel cinema). Al giorno d’oggi sembrano cose normali per un regista di un certo calibro, ma il fatto che tutto ciò sia stato pensato e realizzato nel 1980 fa dello Shining di Kubrick un vero e proprio capolavoro senza tempo.
D’altronde è nota l’avversione di Stephen King nei confronti dell’adattamento cinematografico. Forse fa male pensare che qualcuno abbia preso la tua (ottima) opera cartacea e ne abbia fatto un (fantastico ed indimenticabile) cult movie, ma noi siamo solo felici che sia successo.
Siete d’accordo con i film scelti dalla redazione? Avreste scelto altri titoli? Ditecelo nei commenti!
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