La nuova tendenza nel mondo degli smartphone è sfruttare il più possibile la superficie del telefono, riducendo gli spazi non utilizzati per ampliare la grandezza degli schermi. Questo però comporta un problema: ci sono delle componenti, come la fotocamera frontale, che non possono essere eliminate o spostate. Come stiamo vedendo in questi anni, le soluzioni sviluppate sono molteplici. Una di queste è il tanto discusso notch, che racchiude al suo interno tutta la sensoristica, permettendo così di guadagnare un po’ di spazio nella parte superiore dello smartphone. Proprio per questo motivo, sempre più produttori lo stanno adottando.
La stessa cosa non si può dire per i sensori d’impronte sotto lo schermo. Questa particolare tecnologia, sul mercato dal 2017, nonostante si presti molto a sviluppare design accattivanti, non sta avendo il successo desiderato.
Come funziona
I sensori di impronte sotto lo schermo, com’è intuibile, sono posti al di sotto del display. In termini di spazio ed estetica, questa soluzione permette di eliminare la cornice sotto allo schermo riservata al Touch ID e a eventuali tasti, espandendo la porzione schermo utilizzabile fino al bordo inferiore.
Ma come funziona esattamente? A differenza dei normali Touch ID che creano un’immagine 2D dell’impronta, i sensori al di sotto del display funzionano con tecnologia ultrasonica. Questo vuol dire che le onde ultrasoniche, rimbalzando contro le creste delle impronte, creano un’immagine in 3D dei polpastrelli, in teoria garantendo più sicurezza. Ma allora perché questa soluzione è utilizzata così poco?
Il problema sono gli schermi OLED
I sensori d’impronte sotto lo schermo funzionano solamente con schermi OLED, ma sono proprio questi ultimi il punto debole di questa tecnologia. Questo tipo di schermo, infatti, in quanto composto da materiale organico, subisce delle variazioni nella propria struttura. Col passare del tempo, quindi, diventa sempre più difficile per il sensore leggere le impronte.
I circuiti interni riescono a rimediare ai cali di luminosità dei pannelli, ma non si può fare niente per il sensore, che già dopo sei mesi inizierebbe ad avere difficoltà di lettura, divenendo quasi inutilizzabile dopo due anni. L’unica soluzione, adottata da Huawei con il suo Mate RS Porsche Design, sarebbe quella di rendere il sensore meno preciso. Questo gli permetterebbe di durare un po’ più a lungo, ma ridurre troppo la sensibilità vorrebbe dire rendere lo sblocco più difficoltoso. Il CEO di Huawei, inoltre, ha ammesso che i sensori d’impronte sotto lo schermo non offrono la stessa sicurezza e precisione di quelli tradizionali.
Un destino triste
Proprio per questi motivi, i sensori di impronte sotto lo schermo non sono stati utilizzati quanto si pensava.
Ci hanno provato Vivo e Huawei, ma almeno quest’ultima non sembra molto soddisfatta dei risultati. Di conseguenza, non sembra una soluzione che in molti prenderanno in considerazione, anzi! Il rischio – visti gli svantaggi rispetto al Touch ID tradizionale – è che questa tecnologia possa essere abbandonata, almeno per il momento.
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