Han Solo non spara per primo, sbaglia mira e si centra un piede.
Mi scuso per la triste semi-citazione usata come sottotitolo, ma è forse la miglior metafora per spiegare cos’è Solo: A Star Wars Story , cioè un disastro goffo e quasi grottesco per la sua raffazzonata realizzazione.
Ma andiamo con ordine: nel nuovo corso di Star Wars brandizzato Disney (di cui io, preciso per onestà intellettuale, sono un fan), si è deciso di alternare di anno in anno un capitolo della serie principale con uno spin-off atto a espandere la trama universale della saga. Fin’ora la formula aveva funzionato benone, regalandoci due episodi, a mio avviso, estremamente meritevoli e uno spin-off (Rogue One) che riusciva nel suo intento di mostrare il lato più crudo e adulto delle “Guerre Stellari”.
Insomma tutto filava alla perfezione nella “Galassia Lontana Lontana” finché un giorno non si è deciso di fare un film che parlasse del giovane Han Solo e, soprattutto, di cambiarne tono e registi in corso d’opera senza prendersi il tempo necessario a gestire un simile cambio.
Ma andiamo con ordine e iniziamo con i lati positivi della pellicola, tanto ci vorrà poco.
Qualcosa di buono c’è…
Intanto partiamo da Donald Glover: come Lando è perfetto, movenze, sguardo e atteggiamenti sono azzeccatissimi.
Il comparto tecnico, inoltre, eccelle per quanto riguarda le scenografie (eccezionali e fantasiose come sempre) e gli effetti, sia speciali che visivi.
Peccato che, escludendo l’interpretazione di Glover, tutto ciò sia qualcosa che, parlando di Star Wars, sia da dare per scontato. Ormai la saga in queste cose ha fissato uno standard e quindi sì, meritano un plauso, ma non sono di certo così influenti sul giudizio complessivo dell’opera.
…ma non basta
Per prima cosa vi avverto: se non siete particolarmente avvezzi all’universo di Star Wars o, ancora peggio, vi state avvicinando per la prima volta al franchise non capirete buona parte della pellicola. Vengono date per scontate nozioni derivanti addirittura dall’universo espanso made in Disney, al punto che certe scene più che essere dei collegamenti sembrano voler spudoratamente spingere lo spettatore a fruire dei prodotti a cui si riferiscono, praticamente degli spot.
Per il resto la trama è un’accozzaglia di eventi attaccati con lo sputo, risultando flebile, schizofrenica e inconcludente, oltre che essere un’autentica rassegna di cliché.
Non aspettatevi di affezionarvi ai personaggi: sono degli stereotipi bidimensionali spesso con uno screentime ridicolo. Non aspettatevi colpi di scena: sono tutti telefonatissimi. Non aspettatevi nemmeno particolari righe di dialogo o battute sagaci: basta che abbiate visto più di due film in vita vostra per indovinare in anticipo quello che i personaggi stanno per dire.
A questa fiera della mediocrità si aggiunge poi la regia: Ron Howard porta a caso una regia da mestierante, meccanica, anonima, che non lascia nulla e non si distingue per nulla.
Ah, dimenticavo la colonna sonora… in alcuni punti ricorre il tema classico (in modo abbastanza random) ma sinceramente non saprei dirvi altro, è talmente mal congegnata che l’ho rimossa appena uscito dalla sala.
Le (probabili) cause del disastro
Come molti di voi sapranno il film inizialmente era stato dato in mano alla coppia di registi Lord&Miller, conosciuti sopratutto per aver diretto il meritevole The Lego Movie, poi allontanati per divergenze con la produzione e sostituiti da Howard nel ruolo di regista.
Ora, vedendo il risultato finale una cosa è chiara: non c’è stata la pianificazione necessaria né il tempo per gestire un cambio di registro così radicale.
Il film doveva essere una commedia/gangster movie ambientata nel mondo di Star Wars e le scene girate da Lord&Miller mantenute poi nella versione finale del film ne sono la prova (le riconoscete facilmente, sono quelle che mostrano carattere e una regia interessante). Però a quanto pare questo non andava bene, quindi a questa idea sono stati affiancati momenti da film d’avventura, momenti da puro heist movie (alla Ocean’s Eleven per capirci), momenti in cui sembra di vedere un Mad Max coi blaster e le astronavi. Capite ora perché ho definito la trama “schizofrenica”?
Insomma questo licenziamento si è fatto sentire sul prodotto finale, parecchio, mandando a quel paese un incipit carino e interessante in favore di una trama talmente confusionaria da dare solo fastidio e mal di testa.
In caso ve lo steste chiedendo, come in Rogue One spiegavano la falla logica nella costruzione della Morte Nera, qui mettono una pezza sulla famosa/famigerata frase “La rotta di Kessel in meno di 12 Parsec”, peccato che questa spiegazione prenda almeno 20-25 minuti di pellicola e risulti inutile ai fini della trama.
In conclusione
Mi spiace di esser stato particolarmente sanguigno ma l’occasione lo richiedeva, perché questo film è un’autentica occasione mancata che oltre a deludere prende pure in giro lo spettatore, continuando a propinare spunti che poi si risolvono in un nulla di fatto.
Quindi, tirando le somme, nonostante inizialmente puntassi a dargli una sufficienza, devo essere onesto con me stesso e dare il voto che merita se messo a confronto con il filone a cui appartiene (con mezzo punto in più dato dall’interpretazione di Donald Glover).
VOTO FINALE: 5.5/10
Qui passo la palla a voi: avete già visto il film? Lo andrete a vedere? Vi Interessa? Avete capito quale cavolo sia il piano del personaggio di Kira? (sul serio, io me lo sto ancora chiedendo)
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