Le avventure di Shay Patrick Cormack in Full HD
Il brand di Assassin’s Creed, nelle sue numerose declinazioni che spaziano dal videogioco, al cinema – passando addirittura per il graphic novel – ci accompagna da dieci anni appena compiuti. Dopo il potere dirompente del primo capitolo, la serie ha vissuto tra vette di qualità e momenti bui da non ricordare, ma sempre con una spiccata dote di intrattenitrice. Nonostante la trilogia che va da AC III a AC: Rogue presenti diversi spunti innovativi, è ricordata dai fan come un periodo piuttosto paludoso in termini di qualità complessiva, con l’unica roccia galleggiante rappresentata da AC IV: Black Flag.
Quest’ultimo introduceva tante variabili interessanti, come la navigazione in salsa arcade ed un combat system frenetico ed appagante. Le stesse variabili – senza la potenza visiva dei lussureggianti Caraibi e prive del sempreverde contesto piratesco – sono state riutilizzate in AC: Rogue. La rimasterizzazione di quest’ultimo è il focus della nostra recensione. Ricordiamo che potete acquistare il gioco di Ubisoft Sofia – in copia fisica e digitale – su PlayStation 4, Xbox One e rispettive mid-gen.
Come giusto che sia, ci soffermeremo prima di tutto sull’aspetto tecnico di Assassin’s Creed: Rogue Remastered, e poi sulle meccaniche del gioco. Avvisiamo che quanto segue potrebbe contenere spoiler, dunque fate attenzione, Assassini Templari!
Una rimasterizzazione pigra, qualche scivolone
Senza girarci intorno: le remastered di reale qualità tecnica, si contano sulle dita. Nonostante quello compiuto con Assassin’s Creed Rogue Remastered non sia un lavoro pessimo, la sensazione che sia stato trattato con sufficienza, ci accompagna dall’inizio alla fine dell’esperienza di gioco. Il gioco garantisce l’impeccabile risoluzione Full HD sia su PS4 che Xbox One e 4K sulle relative mid-gen. Su Xbox One X e PS4 Pro, Assassin’s Creed Rogue Remastered vanta di diversi miglioramenti grafici, che toccano le ombre, il sistema di illuminazione e le texture – ora in alta risoluzione. Sottolineiamo che nella versione testata (PS4), le texture sono notevolmente migliorate in quanto a definizione rispetto all’edizione per PlayStation 3 ed Xbox 360. Tuttavia, questo non basta a mascherare un lavoro povero e poco approfondito.
Sul tecnico, diverse bucce di banana prese in pieno
Fin da subito ci si accorge che riflessi ed ombre non sono state rielaborate come si deve, ed il salto di qualità non è lampante rispetto a quanto visto su hardware nettamente inferiori. Anche rispetto alla versione PC standard, Assassin’s Creed Rogue Remastered non ha alcun valore aggiunto, segno che siamo davanti ad un normalissimo porting. Da segnalare inoltre il fatto che diverse animazioni contestuali – come la nevicata o il volo degli uccelli – vengono renderizzate ad un frame rate inferiore a quello di gioco. Il risultato è nel complesso ignorabile, ma lo riportiamo per trasparenza.
Assassin’s Creed Rogue Remastered, così come la versione standard (ed ancora prima Black Flag), fatica a concatenare in modo fluido le animazioni. Spesso si vengono a creare situazioni frustranti, goffe o macchinose proprio a causa di due salti non contigui o di movimenti tagliati a metà da altri. Niente che comprometta l’esperienza complessiva, ma sul momento può risultare davvero fastidioso. Qualche bug grossolano è ancora rintracciabile – anche senza scavare nelle situazioni più articolati. Si parla, per lo più, di compenetrazioni con l’ambiente o con oggetti più piccoli a schermo. In una nostra run, abbiamo dovuto riniziare da zero una missione per un obiettivo incastratosi in una cassa di legno, ma dopodiché nessun episodio compromettente.
Sul piano del contenuto, è stato fatto di riciclo
Quanto segue esula dal contesto della rimasterizzazione, e riguarda il gioco anche nella sua versione originale. Chi segue assiduamente la saga, se ne accorge nella prima ora di gioco: Assassin’s Creed Rogue è frutto di una grande operazione di riciclo di idee, ambienti ed assets presi dai due predecessori. In ogni caso, non riesce a spiccare né nella qualità degli ambienti – come fu per AC III – né è in grado di riproporre in modo solido le meccaniche di Black Flag.
La componente navale, divertente ma fuori contesto
La componente navale, che comporta simpatiche battaglie ed una divertente navigazione dal sapore arcade, è stata ampliata rispetto al diretto predecessore. Nuove armi, nuove personalizzazioni e nuovi modi di influenzare il “campo” di battaglia. Ci riferiamo principalmente alla possibilità di generare onde abbattendo gli iceberg e al lancio di olio incendiario sulla superficie navigabile.
In ogni caso, estrapolata dal contesto piratesco, questa componente diventa solo una grossa infiorettatura per un sistema di spostamento tra pezzi di terra ferma. Insomma, una riproposizione immotivata di una struttura solida nella sua caratterizzazione, basti pensare alla presenza degli abbordaggi in pieno stile Kenway. Riportiamo inoltre che è stato fatto un lavoro di riproposizione anche per quanto riguarda i canti pirateschi di Black Flag, riarrangiati e serviti in salsa più manierata.
Diverse attività secondarie, ma si esauriscono presto
Assassin’s Creed Rogue propone tante attività secondarie rispetto allo scorrere della trama: raccolta di collezionabili, restauro di locali, conquista di zone ed aree nascoste da raggiungere. Come sempre, è doveroso riportare che il potere ludico di tutto ciò che è lì per allungare la durata, spesso si rivela poco o nullo. L’apprezzamento della caccia ai collezionabili è estremamente soggettivo, così come dei contenuti al di fuori della narrazione. Sotto questo punto di vista, niente da aggiungere: Assassin’s Creed Rogue è perfettamente in linea con i suoi predecessori ed offre le medesime possibilità extra diegetiche. Se avete apprezzato il viaggiare in lungo e in largo di AC IV, dietro a missioncine e collezionabili, allora apprezzerete anche l’offerta di Rogue.
Ambientazioni già viste, ma qualche anno prima
Il gioco ci trasporta attraverso tre macro aree, composte da tanti spazi visitabili: Il Nord dell’Oceano Atlantico, la River Valley e la città di New York. Ciascuna è visitabile a piacimento, una volta sbloccata progredendo nella modalità storia.
Vi ricordate la Tenuta Davenport, il porto sicuro del protagonista di Assassin’s Creed III? In Assassin’s Creed Rogue abbiamo il piacere di vederla nuovamente, ma cronologicamente prima. Un piacere lo è davvero, perché fa parte della capacità di “far tornare la quadra” insista nel gioco. Assieme alla tenuta, abbiamo la possibilità di esplorare la New York vista nelle avventure di Connor.
Vediamo dunque che, a fronte di diverse piccole ambientazioni ex novo, le principali sono prese di sana pianta dal materiale di archivio. La sensazione di deja-vu è tanta, esasperata dalla componente extra-animus, che dà pochissimo valore aggiunto al gioco e non si discosta di una virgola da quanto proposto nel ben più solido Assassin’s Creed IV: Black Flag.
Ma non tutto il deja vu è negativo, anzi…
Mettendo da parte la sceneggiatura banale – che sballotta il giocatore qua e là nello spazio e nel tempo per ore, decollando timidamente dopo diverse missioni – abbiamo davanti un saporito anello di congiunzione tra le avventura di Edward Kenway e di suo nipote Connor. Con Assassin’s Creed Rogue, l’affresco all’America del diciottesimo secolo è completo, e la visione degli eventi diventa chiara.
Il raccordo tra AC III ed AC IV, che prima di Rogue consisteva in una semplice cutscene che mostrava il piccolo Haytham Kenway, ora è rimpolpato, ordinato e comprensibile. Diversi decenni finalmente attraversati e vissuti attraverso una nuova avventura e da un punto di vista nuovo ed interessante, quello di un ex Assassino.
Nonostante l’abbandono della Confraternita avvenga per motivazioni discutibili, Assassin’s Creed Rogue ha il pregio di incrinare il piedistallo di illusioni sul quale essa poggia. Se il giocatore è già portato a pensare, Rogue è un ottimo spunto per farlo – in caso contrario, è una valida esperienza mordi e fuggi.
I contenuti aggiuntivi, da missioni a skin personaggio
Assassin’s Creed Rogue Remastered presenta dei contenuti aggiuntivi per i maniaci dell’estetica, ed anche un paio di missioni in più per allungare l’esperienza. Troviamo da subito nel gioco due pacchetti di personalizzazione (vestiti, armi, parti per nave), il vestito di Bayek – protagonista di Origins – e due missioni bonus: L’Armatura di Sir Gunn e L’Assedio di Fort de Sable. Inoltre, sbloccabili con l’accesso a Ubisoft Club, tanti altri oggetti come i vestiti di Altair, Ezio Auditore, Connor, Edward Kenway, Arno Dorian, Jacob Frye ed Aguilar – dal film di Assassin’s Creed – in aggiunto al Jackdaw Pack che include elementi per la nave.
In conclusione
Assassin’s Creed Rogue Remastered è un titolo divertente da giocare, nell’ottica di un’esperienza breve e senza impegno. Il lavoro di rimasterizzazione è pigro, eseguito con sufficienza, ma offre quanto basta per un’esperienza nella norma. Il gioco è la riproposizione di meccaniche ed ambientazioni già viste, ma in modo meno convincente delle opere di partenza. Siamo comunque di fronte ad un curioso cambio del punto di vista sul piano diegetico, e all’anello di congiunzione definitivo tra AC III e IV. Il gioco non può mancare nella libreria di chi ha giocato gli altri capitoli.
Un extra, per ricordarci che siamo in un’industria
Paradossalmente, Assassin’s Creed Rogue interpretava sul piano del contenuto il momento di crisi attraversato dal brand tra il 2014 ed il 2015 – con l’uscita di Unity e Syndicate, momenti più bassi del brand. Il crollo dei valori della confraternita – esaltati fino a quel momento – rispecchia esattamente il declino della saga.
Ad oggi, Assassin’s Creed è più sana che mai grazie all’ultima iterazione: Origins. Quest’ultima ha il merito di aver svecchiato le meccaniche, e grazie ad un anno di sviluppo in più, ha potuto portare al pubblico un’esperienza solida e appagante. Dunque, a brand restaurato e pronto a salpare verso lidi lontani, ha senso riproporre un titolo appartenente al momento più cupo nella storia di Assassin’s Creed? Si, ce l’ha, quantomento per la memoria.