«Save the Cheerleader. Save the World»
C’era una volta un mondo nel quale persone normali scoprono di possedere capacità eccezionali. Un mondo dove perfetti sconosciuti da ogni parte del globo si ritrovano uniti sotto un obiettivo comune: salvare il pianeta.
Tim Kring (Providence, Crossing Jordan) confeziona un prodotto atipico per il panorama televisivo dei primi anni 2000, prima del boom dei cinecomics, prima degli shared universes, prima di Marvel e DC, e lo confeziona sotto forma di romanzo grafico. Gli episodi sono chiamati Capitoli, le stagioni Volumi, tutto riprende il modus operandi delle serie a fumetti. Col senno di poi questa scelta si rivela profetica, coerente e in linea con lo sviluppo della serie.
Heroes deve tanto al mondo delle pubblicazioni fumettistiche. Innanzitutto perché nel 2006 la carta era il mezzo principale con cui si veicolavano le avventure dei supereroi. La CGI non era avanzata come lo è adesso, il pubblico televisivo ancora non era pronto all’invasione supereroistica che di lì a poco avrebbe monopolizzato il piccolo (ed il grande) schermo. Ma allora cosa ha determinato il successo di Heroes, per lo meno nella prima delle 4 stagioni che lo compongono?
How do you stop an exploding man?
La vera forza di Heroes sta nella narrazione, nel fatto che persone apparentemente sconnesse si ritrovano a combattere una guerra comune su più fronti, prima separati, spaesati dall’improvviso cambio radicale nelle loro vite, ma man mano sempre più uniti, sia fisicamente che ideologicamente, forti della sopraggiunta consapevolezza che loro e solo loro possono salvare il mondo da una gigantesca minaccia che incombe sulle loro vite, su quelle dei propri cari e su tutta New York.
Questa narrazione era rafforzata da un particolare processo creativo che conduceva alla realizzazione degli episodi. Ogni autore della serie scriveva la sceneggiatura completa del personaggio affidatogli, e solo in un momento successivo tutte le storie venivano combinate dall’autore principale dell’episodio. Questo sistema permetteva a ogni singolo autore di contribuire alla scrittura di ogni episodio e consentiva al team di scrivere gli script in breve tempo. In questo modo la troupe aveva più tempo per girare le scene e definire al meglio gli effetti visivi. Tim Kring stesso definì il processo di scrittura come «il frutto di una grande e intensa collaborazione».
Su queste basi si sviluppa quel gioiello seriale che è la prima stagione (o, per meglio dire, il primo volume) di Heroes: Genesis.
Darkness is coming… Expect casualties.
Il successivo volume, Generations, corrispondente alla seconda stagione, coincise con quello che probabilmente può essere considerato l’Hiroshima dell’industria cinematografica: lo sciopero degli sceneggiatori del 2007-2008. Indetto dai sindacati di sceneggiatori e scrittori statunitensi, questa agitazione chiedeva di incrementare i benefici degli addetti al settore proporzionalmente agli enormi introiti delle produzioni cinematografiche e televisive.
Dopo 14 settimane e 2 giorni, la Writers Guild of America e la Alliance of Motion Picture and Television Producers raggiunsero un accordo che portò alla fine dello sciopero, che però aveva già lasciato tracce indelebili nel panorama televisivo di quell’anno e degli anni a seguire.
Della seconda stagione di Heroes, infatti, vennero realizzati solo 11 dei 24 episodi originariamente in programma. Questo portò ad una riorganizzazione della stagione (che in origine doveva comprendere anche altri due Volumi, oltre a Generations) e causò uno strappo creativo che portò lo show ad una progressiva rovina.
Il calo narrativo della seconda stagione si tradusse infatti in un prevedibile calo degli ascolti. Ed i vari tentativi della NBC di risollevare lo show non fecero altro che peggiorare la situazione.
No one is safe.
Nel novembre 2008 Jesse Alexander e Jeph Loeb vennero licenziati a causa di divergenze creative e problemi di bilancio. Kring fu costretto a rifocalizzare lo sviluppo dei personaggi e raccontare storie più semplici. Nel dicembre dello stesso anno Bryan Fuller si unì al gruppo di autori ed ebbe un ruolo chiave nella scrittura e la direzione della serie. Questa esperienza ebbe però vita breve. Il 22 giugno 2009 fu annunciato che anche Fuller avrebbe lasciato la serie per lavorare ad altri progetti. Nel frattempo la NBC aveva già licenziato anche lo scrittore Greg Beeman.
I successivi Volumi (Villains e Fugitives, corrispondenti alla terza stagione e Redemption che compone la quarta) accusarono il colpo degli stravolgimenti interni e, complice il sempre più grave calo degli ascolti, portarono la serie ad una prematura cancellazione, quando gli autori avevano ancora in serbo un altro Volume, il sesto: Brave New World.
Nel 2014, quattro anni dopo la fine dello show, la NBC annunciò a sorpresa di voler rilanciare l’universo di Heroes, con una “miniserie evento” di tredici episodi. L’operazione, fatta sulla scia degli innumerevoli reboot e remake che avevano caratterizzato la tv di quegli anni non ebbe però l’effetto sperato. La nuova serie, chiamata Heroes Reborn, fu un fallimento, se non di critica, sicuramente di pubblico. Chiariamoci, non è tutto da buttare. Più di qualcosa si salva e per un nostalgico come me sono stati 13 episodi di amore-odio che, in fin dei conti ho anche apprezzato. Resta il fatto però che è stata una trovata commerciale di cui nessuno sentiva il bisogno. Potevamo farne a meno? Si. Poteva essere fatta meglio? Di nuovo si.
Are you on the list?
Nonostante Kring avesse progettato la serie in modo da avere un cast in continua evoluzione, quando si accorse di quanto i componenti del cast originale fossero diventati popolari tra il pubblico, decise di fare quanti meno cambiamenti possibili nelle stagioni successive alla prima.
Ai dodici protagonisti della prima stagione (Hayden Panettiere, Jack Coleman, Santiago Cabrera, Tawny Cypress, Greg Grunberg, Ali Larter, Leonard Roberts, Noah Gray-Cabey, Masi Oka, Adrian Pasdar, Sendhil Ramamurthy, Milo Ventimiglia) si aggiunsero poi Zachary Quinto e James Kyson Lee (già guest star negli episodi precedenti) oltre a Dania Ramirez, David Anders, Dana Davies e Kristen Bell.
Nella terza stagione, venne promosso a regular anche il personaggio interpretato da Cristine Rose. In quella successiva fu introdotto Robert Knepper, in un ruolo che da ricorrente diventò poi fisso.
Some people are born to be extraordinary.
La genesi dei poteri è un punto fondamentale della mitologia della serie. Allo stesso tempo è ancora uno dei punti più oscuri. Benché nella prima stagione si lasci intendere che i poteri potrebbero essere di natura genetica, successivi sviluppi vanno a confutare questa teoria. Kring, dal canto suo, ha dichiarato: «Non ho intenzione di dare una risposta in proposito perché rischierei di rovinare una parte divertente dello show».
Allo stesso modo resta oscura la verità riguardo l’elica. Simbolo dello show, fatto in modo da ricordare la struttura del DNA, è uno degli elementi più ricorrenti nella serie. Gli autori avevano annunciato la rivelazione del suo significato nel primo episodio di Heroes: Origins, lo spin off della serie che non ha mai raggiunto il piccolo schermo. Mancando una risposta ufficiale si sono sviluppate delle teorie nel corso delle stagioni della serie. Una di queste fa notare che il simbolo presenta forti somiglianze con i kanji giapponesi sai (才), ovvero «talento», e yo (与), che significa «grande dono del cielo». Secondo un’altra teoria si tratta di un serpente con le ali, ovvero un antico Dio venerato da alcune popolazioni.
Sempre guardando il logo della serie possiamo notate un’eclissi. Nonostante il vero legame tra questa e gli heroes verrà spiegato solo durante la terza stagione, è stato un elemento ricorrente fin dai primi episodi. Basti pensare che un fenomeno del genere avviene proprio nel pilot. Gli autori hanno affermato che l’eclissi deve essere considerata come un evento globale, per rappresentare il concetto di “connettività” della serie.
It’s not their abilities that make them Heroes. It’s their choices.
Vittima innocente delle agitazioni sindacali, Heroes verrà sempre ricordato per la sua prima stagione, precursore del genere ed esempio di come dovrebbe essere trattato lo sci-fi in televisione. Un abbassamento della qualità narrativa, scelte sbagliate di produzione e una bella dose di sfortuna hanno penalizzato quella che sarebbe potuta essere la miglior serie tv del decennio, per un amante del genere e non. Ciò non significa che le altre stagioni non vadano viste. I Volumi successivi oltre a portare avanti le -discutibili- storyline, permettono di chiarire alcuni dei punti oscuri lasciati dal primo arco narrativo e restano comunque godibili, per quanto carichi di problemi.
Guardando Heroes non vi schiferete per la qualità intrinseca della serie. Vi arrabbierete con lo stesso show, con la produzione, con l’emittente, per non essere stati in grado di consegnarci la serie che il panorama televisivo meritava, ed anche quella di cui aveva bisogno. Un po’ com’è stato con LOST, ma di questo magari ne parliamo la prossima volta.
In conclusione, se non avete mai visto Heroes, dovreste subito rimediare perché almeno i primi 23 episodi non possono mancare sulla lista di un tv series addicted degno di questo nome. Se invece siete dei poveri nostalgici come il sottoscritto, spero di avervi fatto scendere la lacrimuccia e spinti verso quel fatidico rewatch che sappiamo tutti volete fare ma per il quale non trovate mai il pretesto. Infondo non dobbiamo essere tristi perché qualcosa finisce, ma sorridere perché è accaduto.
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